Souvenir (2003)

MOSTRA SOUVENIR
2003, Pinacoteca Civica di Villa Groppallo, Vado Ligure (SV)

Con Souvenir Rosanna La Spesa ci propone un percorso di forte intensità emotiva che si snoda attraverso elementi ceramici, supporti in vetro e frammenti di filo spinato, restituendoci, in una chiave simbolica, la  memoria della storia recente, anzi attuale, e aprendo così imprevisti squarci nella corteccia di disinteresse e atonia della nostra coscienza da cui affiorano tragici  ricordi di morte e di guerra, ma anche insopprimibili pulsioni di vita e di libertà.
Souvenir è dunque un viaggio con una duplice valenza: all’interno della nostra coscienza individuale per liberarla dalla quotidiana sedimentazione di un conformismo  uniformante e anestetizzante; dentro quest’ultimo decennio che ha sconvolto il mondo gettandolo nel grande frullatore della turbo-globalizzazione, per ripercorrere le tappe ideali di questo processo denso di incognite, che assomiglia sempre di più a quella che Montale chiamava “una decozione di tutto in tutti” in cui “ognuno si domanda se il frullino ch’è in opera nei crani stia montando sozzura o zabaione”, dove si integrano i mercati ma viene compresso lo spazio dei diritti, dove si moltiplicano le opportunità ma contemporaneamente si genera una temperie di conflitti, grandi e piccoli, spesso atroci, che oppongono tra loro etnie,  religioni, civiltà. Manufatti in ceramica e in vetro delineano questo inconsueto paesaggio della memoria, quasi a rappresentare un’eredità materiale lasciata ai posteri a perenne ricordo di questa controversa epoca storica, “fossili guida” che serviranno ai moderni (in definitiva a noi stessi) per non dimenticare e per comprendere gli aspetti di fondo che hanno segnato il nostro tempo.
In questa atmosfera densa di potere evocativo si collocano le creazioni in ceramica, le “ogive” e le “cupole”, realizzate in materiale refrattario in modo da mettere volutamente in evidenza la povertà della materia, l’aspetto minimalista e dimesso di questi oggetti, apparentemente banali e inoffensivi come gli strumenti di distruzione prima che un’improvvisa esplosione ne scateni i rovinosi effetti.
La scelta delle forme è tutt’altro che casuale e consente all’artista di agire sull’ambiguità simbolica che emerge da questi oggetti: le ogive, tagliate a metà per mostrarne l’incavo, ricordano proiettili da obici (e quindi l’elemento militare) ma possono anche suggerire il disegno delle monofore delle chiese medievali (in questo caso facendo emergere un latente riferimento alla religione, causa di somma elevazione ma, non di rado, anche di travolgenti conflitti), così come possono far pensare a nicchie entro cui riparare (condizione esistenziale non certo infrequente nelle nostre società ripiegate su se stesse e spaventate dal confronto con chi è portatore di diversità). Analogamente bacini ceramici capovolti possono alludere a mine in procinto di esplodere, oppure ancora una volta ad elementi architettonici che qualificano un paesaggio religioso e culturale (le cupole di un minareto o di una chiesa cristiana) o ancora possono rappresentare una sorta di cappa che trattiene e soffoca le energie e la libertà di una parte di mondo (ad esempio i paesi in via di sviluppo) o di una parte di popolazione (le donne segregate e offese).
Semplici interventi pittorici consentono di ampliare o anche solo di precisare il significato ipertestuale di queste opere: una pinna da squalo innestata su di una ogiva ne fa un’arma giocattolo, enfatizzando l’elemento dell’inganno, mentre il colore oro applicato a freddo sulla superficie esterna mette in rilievo l’appetibilità del traffico di armi; una grata disegnata sul fondo di un bacino rimanda ai burqa, che  rimuovono lo stesso concetto di esistenza delle donne afghane e ne annullano l’identità.
Altro strumento narrativo cui fa ricorso Rosanna La Spesa per il suo racconto è il vetro.
All’interno di un “piccolo giardino di cristallo” compaiono sottili steli culminanti in esili foglie che contengono nell’incavo pistilli in filo spinato dorato; questi due elementi, il vetro e il filo spinato, tornano anche in lastre vitree tagliate a rettangolo e a lunetta che inglobano un pastiche cromatico dove l’oro del filo spinato convive con smalti rossi e ossidi colorati.
In entrambi i casi è l’elemento del contrasto che sollecita l’immaginazione artistica: l’opposizione tra la fragilità quasi eterea del vetro e l’algida resistenza del filo spinato è una trasparente metafora che rimanda all’eterna dialettica tra la labilità dell’esistenza umana e le ferite, “le spine”, della vita.
Ancora una volta emerge il tema dell’inganno, rischio sempre incombente  nella società dell’informazione globale: la piacevole levigatezza dell’involucro di vetro nasconde il crudele segreto del filo spinato; ad un livello di maggior dettaglio la lucentezza del rivestimento dorato occulta “ipocritamente” il profilo acuminato delle punte.
Il vetro tuttavia è anche il mezzo a cui Rosanna La Spesa affida un messaggio di speranza: canne di vetro custodiscono frammenti di poesie inscritte su rotoli di pergamena. Fili di ferro rosso annodati, quasi moderni sigilli, stringono alle estremità le pergamene cercando di preservarne il contenuto e di trasmetterlo, intatto,  perché nulla vada perduto dell’esperienza dell’uomo e la conoscenza di ciò che è stato sia a fondamento del nuovo edificio del mondo.

Giovanni LUNARDON
(tratto dal catalogo della mostra)

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